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Leggendo La Germania al bivio: Un’analisi della stagnazione strutturale, della svolta fiscale e della riconfigurazione della sua posizione globale ed europea
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La Germania al bivio: Un’analisi della stagnazione strutturale, della svolta fiscale e della riconfigurazione della sua posizione globale ed europea

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Ultimo aggiornamento Novembre 5, 2025 5:03 pm
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La Germania al bivio: Un'analisi della stagnazione strutturale, della svolta fiscale e della riconfigurazione della sua posizione globale ed europea
La Germania al bivio: Un'analisi della stagnazione strutturale, della svolta fiscale e della riconfigurazione della sua posizione globale ed europea
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Questo rapporto presenta un’analisi approfondita della situazione economica e finanziaria della Germania alla fine del 2025. Dopo un periodo di quasi due anni di recessione e stagnazione, la più grande economia europea si trova a un punto di svolta critico. Lo storico modello economico tedesco, basato sulla prudenza fiscale, sull’energia a basso costo e sul dominio delle esportazioni industriali, si è dimostrato insostenibile di fronte a una confluenza di venti contrari strutturali, shock energetici e un contesto geopolitico ostile.

Contenuti
  • Lo stato dell’economia tedesca (fine 2025): Una diagnosi di stagnazione
    • La narrativa della crescita del PIL nel 2025: “Navigare a vista”
    • Dinamiche dell’inflazione: La persistenza del problema “di fondo”
    • Il mercato del lavoro: Il paradosso della debolezza e della rigidità
    • Fiducia delle imprese e dei consumatori
  • Il motore industriale: Anatomia di una crisi settoriale
    • Il crollo della produzione: “Il livello più basso da maggio 2020”
    • Dissezione del disastro di agosto: Un crollo dei pilastri centrali
    • La crisi dell’acciaio: Simbolo di un’industria assediata
  • I venti contrari strutturali: Perché la Germania frena?
    • L’onere dei costi energetici: Uno svantaggio competitivo permanente
    • Il fardello demografico: La crisi della carenza di manodopera
    • Il “corsetto” burocratico: Un fardello autoimposto
  • La svolta fiscale del 2025: Una nuova dottrina economica tedesca
    • Il contesto: Il fallimento dello Schuldenbremse (Freno al Debito)
    • La riforma di marzo 2025: Un cambio di Costituzione
    • Impatto sulle finanze pubbliche
  • La posizione della Germania nell’Unione Europea: Il falco diventa colomba
    • L’ancora economica e il contributore netto
    • Il “dilemma fiscale” della Germania: Conflitto con le regole dell’UE
    • Spinta all’integrazione: Oltre il bilancio
  • Navigare in un mercato globale fratturato: La fine dell’Exportweltmeister
    • Lo shock dei dazi “Trump 2.0” e il crollo del commercio con gli Stati Uniti
    • Il dilemma cinese: Da partner commerciale n. 1 a deficit record
    • L’erosione del surplus
  • Prospettive economiche (2026-27) e conclusione analitica
    • La battaglia delle previsioni: Stimolo fiscale vs. Freno strutturale?
    • La reinvenzione forzata della Germania

La diagnosi macroeconomica per il 2025 è di paralisi, con una crescita del PIL stagnante allo 0,0% nel terzo trimestre e previsioni per l’intero anno che si attestano intorno allo zero. Sebbene l’inflazione generale sia diminuita, l’inflazione di fondo (core) rimane persistentemente alta, spinta dai costi dei servizi, indicando pressioni inflazionistiche interne radicate in un mercato del lavoro che, sebbene debole in superficie, è strutturalmente rigido a causa della demografia.

Il cuore della crisi tedesca risiede nel suo settore industriale. La produzione è crollata a livelli che non si vedevano dai lockdown del 2020, con un crollo allarmante in settori portanti come l’automotive (-18,5% in un mese), la meccanica (-6,2%) e il farmaceutico (-10,3%) nell’agosto 2025. Questa crisi industriale è il risultato diretto di costi energetici strutturalmente elevati, di un’intensificata concorrenza globale e di nuovi dazi punitivi da parte degli Stati Uniti.

In risposta, il governo tedesco, sotto il nuovo Cancelliere Friedrich Merz, ha avviato una rivoluzione fiscale nel 2025. Attraverso una storica riforma costituzionale, ha accantonato lo Schuldenbremse (il Freno al Debito) per creare un fondo di investimento infrastrutturale da 500 miliardi di euro ed esentare la spesa per la difesa dai limiti di deficit. Questa massiccia virata verso la spesa finanziata in disavanzo, sebbene considerata necessaria per la modernizzazione, pone la Germania in rotta di collisione diretta con le regole fiscali dell’Unione Europea, sfidando la credibilità del Patto di Stabilità e Crescita che la stessa Germania aveva difeso.

All’esterno, il modello dell’Exportweltmeister (campione delle esportazioni) si sta sgretolando. La Germania affronta una “stretta” geopolitica: i dazi della politica “Trump 2.0” (15% sui beni UE, 50% sull’acciaio) stanno chiudendo il mercato statunitense, mentre la concorrenza cinese ha fatto crollare le esportazioni verso Pechino del 13,5%, creando un deficit commerciale record con la Cina di 87 miliardi di euro.

Le prospettive per il 2026-27 sono al centro di un intenso dibattito. Un consenso pessimista (Commissione Europea, Ifo) vede una crescita anemica dell’1,1%-1,3%, frenata dai blocchi strutturali. Una previsione ottimistica atipica (Goldman Sachs) scommette che lo stimolo fiscale spingerà la crescita all’1,4% nel 2026 e all’1,8% nel 2027. Il successo della nuova dottrina economica tedesca dipenderà dalla capacità di questo stimolo di superare il freno demografico rappresentato da una perdita di 3,9 milioni di lavoratori entro il 2030 e dalla capacità di impiegare il capitale in modo efficiente nonostante una burocrazia radicata.

Lo stato dell’economia tedesca (fine 2025): Una diagnosi di stagnazione

L’economia tedesca ha trascorso il 2025 “navigando a vista”, come la descrive l’Istituto Ifo, caratterizzata da stagnazione, cambiamenti strutturali e paralisi dell’attività industriale e dei consumi. L’analisi degli indicatori macroeconomici di fine 2025 conferma la diagnosi di un’economia incapace di guadagnare trazione, segnando il periodo più lungo di inattività economica della Germania negli ultimi sette decenni.

La narrativa della crescita del PIL nel 2025: “Navigare a vista”

La traiettoria del Prodotto Interno Lordo (PIL) nel corso del 2025 è stata volatile e debole. Dopo una modesta crescita trimestrale (QoQ) dello 0,3%-0,4% nel primo trimestre, l’economia si è bruscamente contratta nel secondo trimestre. Le cifre iniziali di un calo dello 0,1% sono state riviste al ribasso a una contrazione più profonda dello 0,3%, causata principalmente da un calo degli investimenti e da una produzione industriale più debole del previsto.

Le stime preliminari per il terzo trimestre del 2025, pubblicate il 30 ottobre, mostrano una stagnazione totale, con una crescita del PIL dello 0,0%. Questo risultato estende un periodo di quasi due anni di recessione o stagnazione che ha afflitto l’economia tedesca dal 2022. In termini tendenziali (YoY), la crescita nel terzo trimestre è stata di un anemico 0,3%.

Le previsioni per l’intero 2025 convergono su una crescita nulla. Lo stesso governo tedesco ha rivisto al rialzo le sue previsioni allo 0,2% in ottobre, rispetto a una precedente proiezione di crescita zero. Tuttavia, questa leggera revisione è attribuita alla spesa pubblica e non a una ripresa organica. La Commissione Europea (CE) prevede una stagnazione totale dello 0,0%, mentre l’Istituto Ifo si aspetta uno 0,2%. In modo più pessimistico, la Federazione delle Industrie Tedesche (BDI) prevede una contrazione dello 0,3% per il 2025, citando l’impatto dei dazi statunitensi sulle esportazioni.

Dinamiche dell’inflazione: La persistenza del problema “di fondo”

In superficie, l’inflazione generale ha continuato la sua traiettoria discendente, avvicinandosi all’obiettivo della Banca Centrale Europea (BCE). L’inflazione generale (misurata dall’IPCA) ha raggiunto il +2,4% nel settembre 2025 e si prevede che scenda al +2,3% nell’ottobre 2025.

Tuttavia, questa moderazione dell’inflazione generale è ingannevole e maschera un problema strutturale di fondo. L’inflazione core (IPCA escludendo alimentari ed energia), spesso considerata un indicatore migliore delle pressioni interne sui prezzi, rimane “vischiosa” (sticky) ed elevata. Si è mantenuta al +2,8% a settembre e si prevede che rimanga al +2,8% a ottobre. Anche le previsioni del Survey of Professional Forecasters (SPF) della BCE collocano l’inflazione di fondo (HICPX) per il 2025 al 2,4%, al di sopra di quella generale.

Questa divergenza si spiega con la composizione dell’inflazione. Il calo dell’inflazione generale è dovuto quasi interamente al calo dei prezzi dell’energia, che hanno registrato una deflazione del -0,9% su base annua a ottobre. Al contrario, l’inflazione di fondo è spinta dai prezzi dei servizi, che sono aumentati di un robusto +3,6% a ottobre. Questa inflazione dei servizi è alimentata dagli aumenti salariali negoziati, che sono saliti del 4,4% su base annua a settembre.

Ciò significa che l’inflazione tedesca è passata da uno shock da offerta importato (energia) a un’inflazione nazionale e strutturale. Questa dinamica crea un dilemma significativo: l’economia è stagnante, ma l’inflazione interna è alta, limitando il sostegno della politica monetaria ed erodendo il potere d’acquisto reale delle famiglie.

Il mercato del lavoro: Il paradosso della debolezza e della rigidità

Il mercato del lavoro riflette la debolezza economica generale, ma con una rigidità di fondo che complica la ripresa. Il tasso di disoccupazione destagionalizzato è rimasto stabile al 6,3% nell’ottobre 2025. Questo è il suo livello più alto dalla fine del 2020, riflettendo un mercato del lavoro che “fatica a guadagnare slancio”. Le previsioni dell’Ifo e della SPF della BCE coincidono, proiettando un tasso di disoccupazione medio del 6,3% per il 2025.

Le aziende rimangono “riluttanti ad assumere” e i posti di lavoro vacanti sono diminuiti del 10% su base annua nella prima metà del 2025. Gli indicatori occupazionali dell’Ifo indicano continui tagli di posti di lavoro nel settore manifatturiero e nel commercio al dettaglio.

Nonostante ciò, questa apparente debolezza maschera un paradosso significativo: data l’entità della crisi industriale (analizzata nella prossima sezione), il tasso di disoccupazione non è molto più alto. Ciò è dovuto al fatto che l’offerta* di lavoro si sta contraendo strutturalmente a causa dell’invecchiamento della popolazione. Il risultato è un mercato del lavoro che è simultaneamente debole (6,3% di disoccupazione) e strutturalmente rigido. Le aziende segnalano una carenza persistente di manodopera qualificata (28% delle imprese all’inizio del 2025) e, pertanto, “trattengono” (cd. labor hoarding) i lavoratori esistenti anche durante una recessione, nel timore di non poterli riassumere. Questa rigidità mantiene alti i salari, che a loro volta alimentano l’inflazione dei servizi, creando un circolo vizioso di bassa produttività e alti costi del lavoro.

Fiducia delle imprese e dei consumatori

La fiducia rimane volatile e depressa, riflettendo la profonda incertezza. L’indice Ifo sul clima aziendale è salito a ottobre a 88,4, al di sopra delle previsioni. Tuttavia, questo faceva seguito a un calo inaspettato a settembre a 87,7.

Allo stesso modo, un rimbalzo degli ordini industriali tedeschi a settembre (+1,1%) ha offerto una breve tregua. Tuttavia, questo rimbalzo è arrivato dopo quattro mesi consecutivi di cali ed è stato trainato da ordini esteri volatili (come gli aeromobili). Gli analisti avvertono che “continuano ad esserci pochi segnali di una ripresa sostenuta”. Anche la fiducia delle famiglie si è deteriorata e le intenzioni di spesa rimangono basse, suggerendo che i consumi privati rimarranno lenti.

Principali indicatori macroeconomici tedeschi (2024-2025)

Indicatore2024 (Reale/Stimato)T1 2025T2 2025T3 20252025 (Previsione)
Crescita PIL Reale (QoQ)-0,2%+0,3%-0,3%0,0%+0,2% (Gov.) / 0,0% (CE)
Crescita PIL Reale (YoY)-0,2%—+0,3%+0,3%—
Inflazione IPCA (YoY)+2,5%——+2,4% (Set)+2,4% (CE) / +2,3% (Ott)
Inflazione Core IPCA (YoY)———+2,8% (Set)+2,8% (Ott) / +2,4% (SPF)
Tasso di Disoccupazione (destag.)3,4% (CE)——6,3% (Ago/Set)6,3% (Ott) / 3,6% (CE)
Saldo di Bilancio (% PIL)-2,8%-28,9 Mld € (S1)——-2,7% (CE)
Debito Pubblico (% PIL)62,5%———63,8% (CE / TE)

Il motore industriale: Anatomia di una crisi settoriale

La stagnazione macroeconomica della Germania è alimentata da una crisi profonda e dolorosa nel suo cuore industriale. La produzione industriale è scesa a livelli che non si vedevano dall’inizio della pandemia, poiché la confluenza di costi energetici, debolezza della domanda globale e shock commerciali ha paralizzato i settori che per lungo tempo sono stati la colonna vertebrale dell’economia.

Il crollo della produzione: “Il livello più basso da maggio 2020”

I dati sulla produzione industriale del 2025 dipingono un quadro desolante. Nel giugno 2025, la produzione è scesa dell’1,9% su base mensile, raggiungendo il livello più basso dal maggio 2020, durante l’apice dei lockdown per il COVID-19.

Questa debolezza si è trasformata in un crollo totale nell’agosto 2025, quando la produzione industriale è precipitata di un allarmante 4,3% in un solo mese. Non si tratta di un calo temporaneo. La Federazione delle Industrie Tedesche (BDI) conferma che la produzione industriale rimane “significativamente al di sotto del livello pre-crisi del 2019”. L’utilizzo della capacità industriale è bloccato a un anemico 77%, indicando un’enorme capacità inutilizzata e una mancanza di domanda.

Dissezione del disastro di agosto: Un crollo dei pilastri centrali

Il calo del 4,3% registrato in agosto non è stato un calo generalizzato, ma un collasso chirurgico dei settori più vitali ed emblematici della Germania, come dettagliato nei rapporti dell’Ufficio Federale di Statistica (Destatis).

  • Settore automobilistico: L’industria più grande della Germania è crollata del 18,5% in un solo mese. Sebbene Destatis attribuisca questo “in parte” alle chiusure per ferie e ai cambi di produzione, un calo di quasi un quinto in un mese non è un evento stagionale; è un arresto di emergenza. Questo crollo è il culmine di una tempesta perfetta: (1) L’impatto diretto dei nuovi dazi statunitensi del 15% sui veicoli dell’UE, che colpiscono un mercato di esportazione chiave; (2) L’intensa concorrenza dei produttori cinesi di veicoli elettrici; e (3) La debolezza della domanda globale.
  • Macchinari e attrezzature (M&E): Questo settore, la colonna vertebrale del Mittelstand (piccole e medie imprese), è sceso del 6,2%. Ciò conferma le cupe prospettive dell’associazione VDMA, che ha già rivisto al ribasso le sue previsioni per il 2025 a una contrazione della produzione reale del 5%. Questo indica che i clienti globali della Germania hanno interrotto gli investimenti di capitale.
  • Industria farmaceutica: La produzione è crollata del 10,3% in agosto.
  • Industria chimica: Questo settore, insieme all’automotive, ha registrato un calo a due cifre della produzione dal 2019. Essendo uno dei settori a più alta intensità energetica, il suo collasso è la prova più chiara che la politica energetica tedesca non è riuscita a fornire prezzi competitivi.

La crisi dell’acciaio: Simbolo di un’industria assediata

La situazione dell’industria siderurgica tedesca è così grave che il Cancelliere Merz ha convocato un “Vertice sull’acciaio” d’emergenza il 6 novembre 2025. La produzione di acciaio tedesca è scesa del 10,7% nei primi nove mesi del 2025 e si prevede che la produzione annuale rimarrà al di sotto della soglia di recessione di 40 milioni di tonnellate per il quarto anno consecutivo.

L’industria siderurgica funge da microcosmo di tutti i problemi della Germania. È simultaneamente schiacciata da:

  1. Costi energetici: Gli alti prezzi dell’elettricità sono un onere primario.
  2. Dazi all’esportazione: L’industria deve affrontare dazi punitivi del 50% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti.
  3. Importazioni a basso costo: È indebolita dalle importazioni a basso costo, in particolare dalla Cina.
  4. Crollo della domanda interna: I suoi principali clienti, le industrie automobilistiche e meccaniche, sono a loro volta in crisi.
  5. Fallimento della transizione verde: Con un colpo devastante alla credibilità della politica climatica tedesca, il gigante siderurgico ArcelorMittal ha cancellato i suoi piani da 1,3 miliardi di euro per progetti di decarbonizzazione (DRI-EAF) in Germania. L’azienda ha dichiarato che l'”acciaio verde” (green steel) non è economicamente sostenibile nelle attuali condizioni di mercato e di politica energetica.

Produzione industriale tedesca per settori chiave (agosto 2025)

Settore industrialeVariazione mensile (agosto 2025, destag.)Contesto / Previsione annuale
Industria (Totale)-4,3%Produzione al livello più basso da maggio 2020.
Settore automobilistico-18,5%Il più grande settore tedesco; colpito da ferie e shock di domanda/dazi.
Macchinari e attrezzature-6,2%Previsione VDMA per il 2025: -5% di contrazione.
Industria farmaceutica-10,3%Forte calo in un settore ad alto valore.
Industria chimica(Calo a due cifre dal 2019)Settore energivoro che soffre di costi strutturali.
Produzione di acciaio(Gen-Set 2025: -10,7% YoY)Colpita da dazi, costi energetici e importazioni.

I venti contrari strutturali: Perché la Germania frena?

La crisi industriale tedesca non è puramente ciclica; è profondamente radicata in venti contrari strutturali a lungo termine che hanno eroso la competitività del paese. Costi energetici elevati, una crisi demografica in accelerazione e una burocrazia paralizzante hanno creato un ambiente operativo ostile che il capitale da solo non può risolvere.

L’onere dei costi energetici: Uno svantaggio competitivo permanente

Nonostante il calo rispetto ai picchi del 2022, i prezzi dell’energia in Germania rimangono uno svantaggio competitivo fondamentale. I prezzi dell’energia restano circa l’80% più alti rispetto a prima della crisi, in netto contrasto con un aumento di solo il 25% negli Stati Uniti. L’eliminazione dell’energia nucleare e la perdita del gas russo a basso costo via gasdotto hanno reso l’industria tedesca dipendente dalle importazioni di Gas Naturale Liquefatto (GNL), che è “molto più costoso”.

Questi alti costi del gas e dell’elettricità sono stati un “forte freno” per la competitività manifatturiera, colpendo più duramente i settori ad alta intensità energetica come l’acciaio e i prodotti chimici.

Il governo ha riconosciuto questa come una crisi esistenziale. Al vertice “Amici dell’Industria” del 3 novembre 2025, la Ministra dell’Economia, Katerina Reiche, ha annunciato un piano per un sussidio al prezzo dell’elettricità industriale. I dettagli del piano includono:

  • Obiettivo: Un prezzo massimo di 5 centesimi per kilowattora (kWh).
  • Inizio: 1° gennaio 2026.
  • Costo: Una stima di 4,5 miliardi di euro in tre anni.

Questo sussidio rappresenta un cambio di paradigma. È una mossa difensiva progettata per evitare che la base industriale tedesca si trasferisca in giurisdizioni a basso costo. Tuttavia, richiede l’approvazione degli aiuti di Stato dell’UE e rischia di disincentivare il risparmio energetico.

Il fardello demografico: La crisi della carenza di manodopera

Il freno strutturale più potente e meno risolvibile è il “cambiamento demografico” della Germania. Il problema non è più teorico; è una crisi acuta. A marzo 2025, il paese affronta carenze in 163 professioni, rispetto alle 70 dell’inizio dell’anno.

La carenza è più grave nelle professioni di maggior valore, cruciali per la trasformazione economica: manager IT, professionisti STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), ingegneri (architettura, pianificazione), medici e infermieri.

La previsione demografica è infausta. Secondo le attuali previsioni del governo, la popolazione in età lavorativa (dai 20 ai 64 anni) si ridurrà di 3,9 milioni di persone entro il 2030. Entro il 2060, il deficit potrebbe superare i 10 milioni di lavoratori.

Questa è la restrizione definitiva alla crescita. Il nuovo stimolo fiscale (analizzato nella Sezione 4) può creare domanda di lavoratori per costruire infrastrutture, ma non può creare i 3,9 milioni di lavoratori qualificati che stanno scomparendo dal mercato del lavoro. Questa carenza di manodopera impone un tetto massimo invalicabile alla crescita potenziale della Germania, che Goldman Sachs stima in appena lo 0,8%.

Il “corsetto” burocratico: Un fardello autoimposto

Il terzo grande freno strutturale è il fardello autoimposto della burocrazia. La “burocrazia labirintica”, l'”eccessiva regolamentazione” e l’amministrazione pubblica “inefficiente” sono identificate dal Consiglio Tedesco degli Esperti Economici (GCEE) e dall’OCSE come un freno significativo alla produttività e agli investimenti.

In risposta, il GCEE (Rapporto di Primavera 2025) ha proposto soluzioni specifiche per una “revisione legislativa e amministrativa”. Le raccomandazioni chiave includono:

  • Istituire “sportelli unici digitali” per snellire i processi.
  • Consentire l’adempimento (parzialmente) automatizzato dei requisiti informativi tramite “interfacce digitali e moduli precompilati”.
  • Aumentare l’uso di “assenso tacito” (approvazioni presunte) per accelerare i permessi.

Il nuovo governo ha creato un Ministero Federale per la Trasformazione Digitale e la Modernizzazione del Governo (BMDS) e ha stanziato oltre 4 miliardi di euro nel 2025 per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’espansione della banda larga. Il successo di questa riforma burocratica è una variabile chiave che determinerà se gli investimenti del nuovo fondo fiscale (Sezione 4) saranno impiegati in modo efficiente o si areneranno nei processi di approvazione.

La svolta fiscale del 2025: Una nuova dottrina economica tedesca

Di fronte alla stagnazione economica, al deterioramento dell’industria e ad anni di sottoinvestimenti, il governo tedesco ha attuato un’inversione di 180 gradi nella sua politica fiscale nel 2025. Questa mossa abbandona l’ortodossia fiscale dell’era Merkel, nota come Schwarze Null (pareggio di bilancio), e la sostituisce con una politica di massiccia espansione fiscale progettata per modernizzare il paese.

Il contesto: Il fallimento dello Schuldenbremse (Freno al Debito)

Lo Schuldenbremse (Freno al Debito) della Germania, una regola costituzionale introdotta nel 2009, limita il deficit strutturale federale allo 0,35% del PIL. Sebbene progettato per garantire la stabilità finanziaria, nella pratica ha portato a un sottoinvestimento cronico, lasciando la Germania con infrastrutture fatiscenti e un ritardo nella digitalizzazione.

La confluenza della crisi industriale, dello shock energetico e delle nuove esigenze geopolitiche (la necessità di una massiccia spesa per la difesa) ha reso politicamente insostenibile la stretta aderenza allo Schuldenbremse. Il nuovo governo del Cancelliere Friedrich Merz, eletto nel febbraio 2025, è salito al potere con il mandato di affrontare questo divario di investimenti.

La riforma di marzo 2025: Un cambio di Costituzione

Nel marzo 2025, il governo ha promosso una storica riforma costituzionale del Freno al Debito. La riforma non ha abolito il Freno al Debito, ma lo ha legalmente eluso attraverso due meccanismi principali:

  1. Il Fondo Fuori Bilancio da 500 Miliardi di Euro: È stato creato un fondo speciale da 500 miliardi di euro (pari all’11,6% del PIL del 2024). Questo fondo è esplicitamente al di fuori del campo di applicazione del calcolo del Freno al Debito. Il suo scopo è finanziare progetti a lungo termine in infrastrutture, trasporti, energia, digitalizzazione, sanità, istruzione e ricerca, nonché investimenti per raggiungere gli obiettivi climatici.
  2. L’esenzione per la Difesa: La riforma stabilisce inoltre che la spesa per la difesa e la sicurezza al di sopra dell’1% del PIL è esclusa dal limite del Freno al Debito.

Questo è l’abbandono formale dell’austerità. Il governo ha creato veicoli legali per spendere massicciamente, pur fingendo tecnicamente di aderire alla regola costituzionale. È la svolta keynesiana più significativa nella politica economica tedesca moderna, provocata da una crisi esistenziale.

Impatto sulle finanze pubbliche

Questa nuova spesa, combinata con un’economia debole, manterrà alto il deficit. Le amministrazioni pubbliche hanno già registrato un deficit di 28,9 miliardi di euro solo nel primo semestre del 2025, dopo un deficit del 2,7% del PIL nel 2024. La Commissione Europea prevede che il deficit rimarrà elevato, al -2,7% del PIL nel 2025, e aumenterà al -2,9% nel 2026.

Di conseguenza, la traiettoria del debito pubblico tedesco è ora inequivocabilmente ascendente. La Commissione Europea prevede che il rapporto Debito/PIL aumenterà dal 62,5% alla fine del 2024 al 63,8% nel 2025 e al 64,7% nel 2026. Altre previsioni, come quelle del FMI e di Trading Economics, concordano su una cifra compresa tra il 63,8% e il 65,4% per il 2025.

Questo aumento del debito al di sopra della soglia del 60% di Maastricht non è un evento temporaneo; è una nuova postura fiscale. Ed è questa nuova postura che crea un conflitto fondamentale con il ruolo della Germania nell’Unione Europea.

La posizione della Germania nell’Unione Europea: Il falco diventa colomba

La nuova dottrina fiscale interna della Germania ha implicazioni immediate e profonde per la sua posizione all’interno dell’Unione Europea. La Germania rimane l’ancora economica del blocco, ma la sua svolta verso la spesa finanziata dal debito la pone in diretta contraddizione con le regole che essa stessa ha difeso, trasformando il suo ruolo da principale “falco” fiscale dell’UE a quello di disobbedienza strategica.

L’ancora economica e il contributore netto

La centralità economica della Germania non è diminuita. Nel 2025, il paese rappresenta il 23,7% dell’economia dell’Eurozona. Rimane il più grande contributore netto al bilancio dell’UE in termini assoluti, una posizione che, sebbene politicamente sensibile in patria, secondo il Ministero degli Affari Esteri tedesco è fraintesa, affermando che la Germania è un “vincitore netto” dell’UE, non un “contributore netto”, grazie ai benefici del Mercato Unico.

Il “dilemma fiscale” della Germania: Conflitto con le regole dell’UE

Il conflitto centrale risiede nell’incompatibilità della nuova politica fiscale tedesca (Sezione 4) con le regole fiscali dell’UE (il Patto di Stabilità e Crescita, PSC).

Il PSC (anche dopo la sua riforma) richiede che i paesi membri con un debito superiore al 60% del PIL (la Germania avrà il 64,7% e continuerà ad aumentare) attuino piani per ridurre il loro debito. La nuova postura fiscale della Germania, che utilizza 500 miliardi di euro in spese fuori bilancio, garantisce legalmente che il suo debito aumenti continuamente, non che diminuisca.

Come sottolineano gli analisti del think tank Bruegel, “il pieno utilizzo dello spazio di indebitamento nell’ambito del nuovo Freno al Debito entrerebbe in conflitto con le regole fiscali dell’UE in senso molto fondamentale”. Ciò crea un dilemma di credibilità per la Commissione Europea. Come può la Commissione far rispettare le regole di deficit a paesi come l’Italia, quando la Germania, l’architetto storico delle regole, sta usando “artifici” contabili (fondi fuori bilancio) per eludere le stesse regole su una scala molto più ampia?

L'”inversione a U” della Germania ha reso il PSC dell’UE, in pratica, inapplicabile. Berlino ha dato priorità alla sua sopravvivenza economica interna rispetto al suo ruolo storico di guardiano fiscale dell’UE.

Spinta all’integrazione: Oltre il bilancio

Rendendosi conto che il suo modello di esportazione globale si sta fratturando (come dettagliato nella Sezione 6) e che la sua politica fiscale interna ha dei limiti, la Germania sta spingendo per una maggiore integrazione dell’UE su altri fronti per generare crescita.

  • Proposta di un Mercato dei Capitali: Nell’ottobre 2025, il Cancelliere Merz ha lanciato un appello di alto profilo per la creazione di un “mercato azionario europeo unico”. Si tratta di una mossa strategica. I politici tedeschi riconoscono che l’Europa sta perdendo la corsa alla tecnologia e alla crescita; la capitalizzazione di mercato di un singolo gigante tecnologico statunitense come NVIDIA o Microsoft supera quella dell’intero indice tedesco DAX. La proposta di Merz è un tentativo di costruire mercati dei capitali profondi a livello dell’UE per finanziare la prossima generazione di crescita aziendale e competere efficacemente con Stati Uniti e Cina.
  • Spinta al libero scambio dell’UE: La Germania sta anche premendo fortemente affinché l’UE ratifichi gli accordi di libero scambio in sospeso, come l’accordo con il Mercosur (che include Brasile e Argentina). Con i suoi mercati tradizionali negli Stati Uniti e in Cina che stanno diventando ostili, la Germania ha un disperato bisogno che l’UE apra nuovi mercati per i suoi beni industriali, come automobili, macchinari e prodotti chimici.

Navigare in un mercato globale fratturato: La fine dell’Exportweltmeister

Il pilastro fondamentale del modello economico tedesco del dopoguerra, la sua condizione di Exportweltmeister (campione del mondo delle esportazioni), si sta disintegrando sotto il peso di un rinascente protezionismo globale e di una concorrenza intensificata. Nel 2025, la Germania si è trovata intrappolata in una “stretta” geopolitica tra i suoi due partner commerciali più importanti: gli Stati Uniti e la Cina.

Lo shock dei dazi “Trump 2.0” e il crollo del commercio con gli Stati Uniti

Il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel 2025 ha portato con sé una nuova ondata di dazi che hanno colpito direttamente il cuore dell’industria tedesca.

  • Acciaio e Alluminio: Il 4 giugno 2025, gli Stati Uniti hanno raddoppiato i dazi della Sezione 232 sull’acciaio e sull’alluminio, aumentando l’aliquota dal 25% al 50%.
  • Beni dell’UE: Dopo i negoziati, il 7 agosto 2025 è entrato in vigore un dazio generale del 15% sulla maggior parte delle esportazioni dell’UE verso gli Stati Uniti.

L’impatto è stato immediato e devastante. Le esportazioni tedesche verso gli Stati Uniti, che sono stati il principale partner commerciale della Germania nel 2024, sono in caduta libera. Le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite del 15,1% nel periodo gennaio-luglio 2025 rispetto all’anno precedente. La tendenza ha accelerato con l’entrata in vigore dei dazi: le esportazioni verso gli Stati Uniti sono crollate del 20,1% o del 23,5% solo in agosto.

Questi dazi sono una causa diretta della crisi nel settore automobilistico e siderurgico. Il mercato statunitense, a lungo pilastro della redditività industriale tedesca, si sta attivamente chiudendo.

Il dilemma cinese: Da partner commerciale n. 1 a deficit record

Mentre il commercio con gli Stati Uniti crollava, la Cina ha superato gli Stati Uniti nei primi otto mesi del 2025 diventando il più grande partner commerciale della Germania.

Tuttavia, questo primato è “tossico” per la Germania. È un artefatto statistico causato dal crollo delle esportazioni verso gli Stati Uniti e maschera una dinamica commerciale profondamente preoccupante e parassitaria:

  1. Le esportazioni tedesche verso la Cina stanno crollando: Le esportazioni tedesche verso la Cina sono diminuite del 13,5% su base annua nei primi otto mesi del 2025. La ragione è semplice: la Cina è passata da cliente a concorrente chiave. Non ha più bisogno di tanti macchinari e automobili tedesche di alta gamma perché produce i propri.
  2. Le importazioni cinesi sono in aumento: Allo stesso tempo, le importazioni tedesche dalla Cina stanno aumentando.
  3. Il risultato: Un deficit record: Questa dinamica ha creato un deficit commerciale record con la Cina, che si prevede raggiungerà gli 87 miliardi di euro nel 2025.

La Germania è stretta in una morsa. Sta perdendo il suo mercato di esportazione ad alto valore negli Stati Uniti (a causa dei dazi) e sta perdendo anche il suo mercato di esportazione in Cina (a causa della concorrenza). Allo stesso tempo, è inondata da importazioni cinesi a basso costo che stanno esacerbando la crisi nelle sue stesse industrie nazionali, come quella siderurgica.

L’erosione del surplus

La conseguenza inevitabile di questa “stretta” commerciale è l’erosione del famoso surplus commerciale tedesco. Il surplus commerciale totale da gennaio a luglio 2025 si è ridotto del 21,2% rispetto all’anno precedente. Il surplus mensile si è costantemente ridotto.

Questo segna la fine del modello economico tedesco come lo conoscevamo. La Germania non può più dipendere dalle esportazioni globali per finanziare la sua prosperità. Deve generare crescita internamente, il che rende il successo del pacchetto di stimolo fiscale da 500 miliardi di euro (Sezione 4) non solo un’opzione, ma una necessità esistenziale.

Bilancia commerciale della Germania con i partner chiave (gennaio-agosto 2025)

Partner commercialeCommercio totale (miliardi €)Esportazioni tedesche (miliardi €)Var. % Export (YoY)Importazioni tedesche (miliardi €)Saldo commerciale (miliardi €)
Cina166,3 / 163,454,7-13,5%108,8-54,1 (Deficit)
Stati Uniti164,4 / 162,8101,0 / 99,6-6,5% / -7,4%63,4+37,6 (Surplus)
Unione Europea (Intra-UE)~131,3 (Solo agosto)~72,5 (Solo agosto)-2,5% (MoM)~58,8 (Solo agosto)+13,7 (Surplus, solo agosto)

Prospettive economiche (2026-27) e conclusione analitica

Il futuro dell’economia tedesca è ora al centro di un importante dibattito analitico. Con il vecchio modello di esportazione rotto e un nuovo modello di stimolo fiscale interno appena avviato, gli analisti sono divisi sulla capacità della massiccia intervento governativo di superare i profondi freni strutturali e geopolitici.

La battaglia delle previsioni: Stimolo fiscale vs. Freno strutturale?

Esistono due campi distinti e opposti nelle previsioni per la Germania nel 2026-2027.

1. Il consenso pessimista (Approccio strutturale)

  • Attori: Commissione Europea (CE), Istituto Ifo, Federazione delle Industrie (BDI).
  • Previsione: Questo gruppo prevede una ripresa debole, con una crescita del PIL reale per il 2026 nell’intervallo +1,1% – +1,3%.
  • Argomentazione: Questo consenso ritiene che i freni strutturali (demografia, alti costi energetici, burocrazia) e i venti contrari globali (dazi, concorrenza cinese) siano troppo potenti per consentire una crescita robusta.
  • È fondamentale notare che le previsioni della Commissione Europea e dell’Istituto Ifo non incorporano ancora pienamente l’impatto del nuovo pacchetto fiscale da 500 miliardi di euro, poiché i piani non sono stati considerati “sufficientemente dettagliati” al momento delle loro pubblicazioni. Pertanto, le loro previsioni rappresentano uno scenario di base di debolezza strutturale, senza il pieno effetto dello stimolo.

2. L’ottimista solitario (Approccio fiscale)

  • Attore: Goldman Sachs Research.
  • Previsione: “Notoriamente più ottimista”. Prevedono una crescita del PIL reale del +1,4% nel 2026 e un robusto +1,8% nel 2027.
  • Argomentazione: Il modello di Goldman Sachs sta scommettendo forte sulla nuova spesa del governo. Credono che l’aumento massiccio della spesa in infrastrutture (i 500 miliardi di euro) e difesa (prevista in aumento al 3,5% del PIL entro il 2029) sopraffarà i freni strutturali. Sostengono che questa spesa spingerà la crescita ben al di sopra del potenziale stimato della Germania, che è solo dello 0,8%.

Confronto delle previsioni di crescita del PIL reale (2025-2027)

Organizzazione2025 (F)2026 (F)2027 (F)Narrativa chiave
Governo tedesco+0,2%+1,3%+1,4%Ripresa modesta guidata dalla spesa pubblica.
Commissione Europea0,0%+1,1%—Stagnazione strutturale; non include il nuovo piano fiscale.
Istituto Ifo+0,2%+1,3%+1,6%Crisi persistente; il piano fiscale può aiutare se implementato.
Fed. delle Industrie (BDI)-0,3%——Contrazione guidata dal calo delle esportazioni e dai dazi.
Goldman Sachs+0,3%+1,4%+1,8%Notoriamente ottimista; lo stimolo fiscale massiccio supera i freni.

La reinvenzione forzata della Germania

Questo rapporto conclude che la Germania si trova nel mezzo di una reinvenzione forzata. Il vecchio modello dell’Exportweltmeister (campione delle esportazioni) basato sulla prudenza fiscale, l’energia a basso costo e la supremazia industriale è morto. È stato vittima della sua stessa compiacenza, degli shock geopolitici e dei cambiamenti tettonici nel commercio globale.

Al suo posto sta emergendo un nuovo modello: un’economia guidata dagli investimenti interni, finanziata da una massiccia espansione fiscale e incentrata sulla sovranità dell’UE.

L’esito di questa transizione è incerto. Il consenso pessimista probabilmente sottovaluta la potenza bruta di 500 miliardi di euro di stimolo. Al contrario, l’ottimismo di Goldman Sachs sottovaluta la gravità del freno demografico: lo stimolo fiscale può creare domanda di lavoro, ma non può creare i 3,9 milioni di lavoratori qualificati che la Germania perderà entro il 2030.

Il risultato a breve termine (2026-27) sarà probabilmente una ripresa modesta, ma al di sotto delle speranze di Goldman Sachs. Il successo a lungo termine di questa Nuova Dottrina Economica Tedesca dipenderà interamente dall’esecuzione:

  1. I 500 miliardi di euro saranno spesi in modo produttivo (in digitalizzazione, reti elettriche intelligenti, R&S)?
  2. O saranno sprecati in sussidi difensivi per industrie morenti e si areneranno nella stessa burocrazia che il governo afferma di voler riformare?

La Germania ha iniziato una scommessa ad alto rischio. Ha scelto l’investimento* sull’austerità per uscire dalla sua crisi. Così facendo, ha abbandonato la sua identità economica del dopoguerra, ma potrebbe aver posto, per necessità, le basi per la prossima.

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